Questo articolo vuole essere una breve analisi di quanto il legislatore italiano ha previsto in materia di tutela dei lavoratori e di come il concetto anglosassone del “Duty of Care”, ovvero del dovere del datore di lavoro di prendersi cura del proprio personale in Italia e all’estero, sia stato gradualmente introdotto prima nell’ordinamento italiano e poi nella cultura della sicurezza delle organizzazioni.
Salute e Sicurezza sul lavoro nella circolazione transnazionale dei lavoratori
La questione diventa delicata quando si parla di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori che prestano la loro attività all’estero in qualità di lavoratori espatriati, viaggiatori d’affari o semplicemente in trasferta. In questo caso, la predisposizione e l’implementazione di solidi strumenti di assistenza e intervento in caso di incidenti e di gestione dei rischi è di capitale importanza ma meno intuitiva.
I lavoratori espatriati e i viaggiatori d’affari chiamati a spostarsi per ragioni lavorative fuori dal territorio italiano possono non avere la giusta preparazione per affrontare con meno rischi la loro missione o semplicemente non possedere la necessaria esperienza o conoscenza dei territori in cui si è chiamati ad operare.
La situazione si complica quando il Paese di destinazione non possiede gli stessi standard lavorativi e sanitari presenti in Italia o quando presenta un elevato grado d’instabilità politico-sociale.
La prevenzione e la formazione diventano ancor più i perni del modello aziendale di gestione dei rischi.
Meno intuitiva resta anche la questione delle responsabilità.
Da un punto di vista legale, le norme in tema di distacco sono di non facile interpretazione.
La disciplina del Duty of Care in queste situazioni è resa complessa da tre fattori in particolare:
- la non chiara posizione del legislatore in tema di salute e sicurezza dei lavoratori all’estero
- la disomogeneità che spesso caratterizza le diverse normative nazionali, per quanto tutte (in ambito UE) di derivazione comunitaria
- l’esistenza di convenzioni stipulate tra singoli Stati.
In questo quadro, i datori di lavoro e il management potrebbero non avere la dovuta percezione delle loro responsabilità, non attuare le decisioni necessarie e ritrovarsi a gestire incidenti molto gravi.
Per rispondere a tali problematiche, International SOS ha pubblicato nel 2011 uno “Studio Comparativo Internazionale sul Duty of Care e il Rischio Viaggio”.
Questo studio ha identificato 10 buone pratiche del Duty of Care.
Le 10 migliori pratiche del Duty of Care
- Aumentare la consapevolezza a tutti i livelli dell’organizzazione
- Coinvolgere tutti gli attori chiave nella pianificazione del Duty of Care
- Sviluppare politiche e procedure per la gestione del rischio viaggio
- Controllare i propri fornitori in termini di Duty of Care
- Comunicare, educare e formare i lavoratori e le parti interessate
- Valutare i rischi prima di trasferire un dipendente per ragioni lavorative
- Essere in grado di localizzare i lavoratori che viaggiano in qualsiasi momento
- Implementare un sistema di gestione delle emergenze per i lavoratori
- Stabilire controlli da parte del management
- Garantire l’integrazione e il coordinamento dei fornitori di servizi
Testo tratto da “Travel Risk Management 2015 – Safety European Trends”
redatto e realizzato da FERMA Risk Management Forum, International SOS, e DLA Piper